L’istituto europeo di statistica Eurostat anche quest’anno ha certificato un incremento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili in Europa. Nel 2011, il vecchio continente ha coperto il proprio fabbisogno energetico con energia pulita per il 13% del totale, un incremento di quasi un punto percentuale in più rispetto al 2010 e il 5% in più rispetto al 2004 quando si arrivò al 7,9%.
Questa è decisamente una bella notizia. L’Unione europea, a seguito della conclusione degli accordi noti come “Protocollo di Kyoto“, nel 2004 ha varato il piano strategico Europa 20-20-20.
L’obiettivo è arrivare al 2020 avendo il 20% in più di energia prodotta da fonti rinnovabili (ossia energia solare, sia come fotovoltaico che come solare termico, energia eolica, geotermia, biomasse e moto delle onde), il 20% in meno di emissioni di gas serra e il 20% in più di risparmio energetico il tutto utilizzando come base i valori registrati nel 1990.
Se il trend di crescita medio europeo si confermasse, riusciremmo a centrare l’obiettivo senza problemi. Considerando che la quota di energia rinnovabile dovrebbe a crescere nel tempo, potremmo centrare l’obiettivo comune già nel 2018/2019.Velocità diverse si registrano però tra i Paesi membri.
Eccellente è la performance dell’Estonia che centra l’obiettivo di arrivare al 25% con ben 7 anni di anticipo. A seguire troviamo la Svezia col 46,8% contro un obiettivo del 49%, la Lituania col 33,1% contro il 40% e la Finlandia con il 31,8% contro un obiettivo del 38%. L’Italia non è da meno arrivando a soddisfare l’11,5% del suo fabbisogno con energia pulita e avvicinandosi al traguardo del 17%. Traguardo che ora appare più vicino considerando che nel 2004, anno in cui sono cominciate le rilevazioni in modo omogeneo tra gli Stati membri, era solo al 4.9%. Se l’Italia mantenesse questo tasso medio di incremento (1,23% su base biennale, migliore rispetto alla media EU-27) arriverebbe a centrare l’obiettivo entro la fine del 2017 con 3 anni di anticipo rispetto a quanto previsto.
Chiudono la classifica il Regno Unito col 3,8% contro un obiettivo del 15%, il Lussemburgo con il 2,9% contro l’11% e Malta con appena lo 0,4% contro il 10% concordato in sede europea.
Fonte: Eurostat